Aprire un’impresa con un euro: «Si può fare!»

Non in Italia, ovviamente

L’autoaffermazione è un lusso di cui pochi eletti possono godere e, generalmente, sono gli stessi che legiferano su modelli di autoaffermazione

 

Il ragazzo giovane, carino, simpatico, intelligente ed affascinante di cui vi stiamo per parlare si chiama Roberto, Roberto D., Roberto D’Iz, Roberto D’Izzi; se, come l’occhio attento del lettore potrebbe scorgere, esiste una lieve somiglianza rispetto al cognome dell’autore di questo articolo, sappiate che trattasi di semplice coincidenza.

Roberto decide, insieme alla sua compagna, di lasciare la vita di città per trasferirsi in un paese di mare, aprire un’attività in proprio e godere l’aria buona di una realtà totalmente diversa.

Le sue vicissitudini in campo imprenditoriale sono il semplice specchio della società italiana di oggi, e non è difficile immaginare a quali difficoltà sia andato incontro.

Lo abbiamo intervistato per voi, anche se è stato difficile convincerlo a parlare gratis.

 

Roberto D’Izzi, perchè hai deciso di scappare da M.?

«Beh, Roberto, io e la mia ragazza non siamo scappati, ma abbiamo fatto una scelta di vita che avrebbe portato a migliorarne la qualità».

 

Per quale motivo aprire un’attività in proprio? Si tratta di una bottega di alimentari, se non erro. Non sarebbe stato più facile cercare un lavoro da dipendente?

«Perché, come tanti, eravamo saturi di lavori precari, colleghi esauriti, capi incapaci e maleducati, traffico, gente sulla metro [metropolitana, n.d.r.] che si mette le dita nel naso alle sette del mattino eccetera.. e poi, io ho sempre amato il mare e lavorare per conto mio, e la somma delle due cose ci ha portato qui, a C********o».

 

Scusa se te lo chiedo, ma dove avete trovato i soldi per aprire il negozio e, soprattutto, per trasferirvi e ricominciare da zero? Avete ottenuto un finanziamento da qualche ente bancario o simili?

«La risposta è no. Le referenze principali che devi presentare per ottenere un finanziamento sono prima di tutto l’entità del finanziamento, non meno di cinquecentomila euro, devi aver già fatto fallire qualche azienda e soprattutto devi avere già subito almeno una condanna penale; in questo caso hai il novantanove per cento di possibilità di ottenere un prestito. Quando noi chiedevamo un prestito presentando le nostre ormai ex buste paga, i finanziatori si sbellicavano dalle risate. Siamo stati aiutati dai nostri genitori in pensione, ovviamente».

 

Per aprire un negozio di alimentari immagino che si debba affrontare un mare di burocrazie, chi vi ha istruito su cosa fare?

«Nessuno. Non esiste un ente pubblico ben determinato al quale  rivolgersi per ottenere una sorta di guida, un vademecum da usare per espletare le varie tappe burocratiche del caso».

 

Però, a rigore di cronaca, bisogna dire che esistono gli uffici dedicati alle Attività Produttive dei vari Comuni che danno proprio le indicazioni di cui parli.

«Sì, esiste anche a C********o; il problema è che il responsabile di quell’ufficio non era mai presente perché è anche proprietario di una oreficeria e chiaramente preferisce passare le giornate nel suo negozio. L’unica volta che siamo riusciti a farci ricevere da lui ci disse che per le informazioni che cercavamo avremmo dovuto farci aiutare da un commercialista. E disse anche che di lì a poco saremmo falliti. Questo era il tipo che avrebbe dovuto stimolarci ad aprire la nuova attività, immagina gli altri».

 

E come avete fatto ad aprire?

«Ci siamo informati su internet. Abbiamo anche messo a frutto le nostre esperienze lavorative. Io per esempio, ho lavorato a contatto con gli alimenti ma mi sono anche occupato di sicurezza sul lavoro, quindi avevo già idea degli adempimenti cui andavamo incontro».

 

Quindi mi sembra di aver capito che vi siete arrangiati. E se aveste fatto degli errori?

«Eh, caro mio, se sbagli lo Stato ti punisce senza ‘se’ e senza ‘ma’. La legge, si sa, non ammette ignoranza».

 

Vorresti farmi il solito discorso da bar sulle ingiustizie dello Stato?

«No, intendo solo dire che se un genitore non spiega al proprio figlio come ci si allaccia le scarpe, non può poi riempirlo di botte se inciampa sui lacci e si sbuccia un ginocchio».

 

Sì, l’immagine rende bene l’idea. Vorrei che tu mi togliessi una curiosità: è vero che nel nostro Paese i giovani possono aprire un’attività con un euro?

«Con un euro paghi mezz’ora di parcheggio. Dato che le code agli sportelli pubblici sono molto, molto lente, generalmente sfori la mezz’ora e tornando in macchina trovi una multa da sessantadue euro».

 

Cosa costa di più per fare impresa?

«Tutto. Le spese correnti (energia, rifiuti) sono delle batoste, le materie prime costano tanto più quanto aumentano le accise sui carburanti, [alza la voce, n.d.r.] le tasse vengono pagate sin dal primo giorno come se fossi a regime da anni e a prescindere dagli incassi».

 

Ci fai un esempio?

«Certo. Ogni imprenditore di sé stesso deve versare i contributi Inps, che gli permettano di maturare la propria pensione. Nel caso specifico, devi versare ‘acconti’ Inps trimestrali da ottocentoquaranta euro, anche se hai aperto un giorno prima della scadenza e non hai ancora incassato un c***o. Non censurarla con gli asterischi mi raccomando. Se hai un’attività stagionale e chiudi il negozio per nove mesi su dodici, ovviamente dichiarandolo ufficialmente al Comune, devi comunque pagare tutte le rate integralmente. La beffa dove sta? Diciamo che devi cercarti un lavoro per arrotondare nei mesi di chiusura, e ne trovi uno part-time. Il tuo datore di lavoro ovviamente versa i contributi Inps per te ma.. tattaratà! Sopresa: devi pagare lo stesso le rate da ottocentoquaranta euro. Qual è l’unico modo per bloccare queste rate? Avere un impiego fisso di almeno ventisei ore alla settimana, e questo impiego dev’essere certo anche per l’anno dopo. Quindi, se ci ragioni un attimo, capisci che non riuscirai mai a trovare un lavoro fisso perché non esistono più, figuriamoci se deve essere fisso anche per l’anno dopo e nello stesso periodo! Se lo trovi part-time sei già fortunato e comunque puoi fare al massimo ventiquattro ore alla settimana e non ventisei, numero cabalistico inventato sicuramente da qualche cavaliere massone e rosa-cruciano. Qual è il risultato? Che il tuo datore di lavoro versa l’Inps ma contemporaneamente la versi anche tu».

 

Non ci credo, devi versarla due volte? Però vuol dire che avrai una pensione più alta, giusto?

«No ragazzo mio, i due versamenti non sono cumulabili perché si tratta di attività diverse. Se vuoi cumularli quando andrai in pensione, devi pagare parecchie migliaia di euro in più e in contanti».

 

Sono sbalordito. Quindi sono questi i costi che tagliano le gambe ai giovani imprenditori..

«Sì, in parte, ma più di tutto incide l’affitto dei locali».

 

Mi stai dicendo che gli affitti commerciali sono troppo alti, e che i proprietari dei negozi non sono disposti a rinegoziare il contratto?

«Alcuni, sì. Alcuni. La maggior parte invece, parlo per esperienza personale e di gente che conosco, piuttosto che abbassare il canone anche di un solo euro all’anno preferiscono sfrattare gli inquilini e poi lasciare il locale vuoto per chissà quanto tempo. La crisi economica esiste, ma certi proprietari avidi e l’assenza totale di fondi di salvaguardia destinati alle imprese, un fido di Stato per esempio, uccidono definitivamente l’economia. Ripeto, non sto generalizzando. Un paio di miei ex clienti sono proprietari di negozi, ed entrambi mi hanno raccontato di aver abbassato il prezzo dei canoni di propria spontanea volontà, senza che gli inquilini lo chiedessero».

 

Insomma, lamentarsi è facile, lo fanno tutti. Tu ci puoi dire concretamente di cosa avrebbe bisogno, secondo te, un giovane che voglia realizzarsi e contribuire alla rinascita economica del Paese?

«Concretamente. Una Banca di Stato, un’Assicurazione di Stato da pagare per ripararsi da difficoltà impreviste, un ente pubblico che abbia l’unico compito di guidare i cittadini che vogliono aprire un’attività, un ente pubblico che eroghi corsi sull’igiene, la sicurezza, il primo soccorso e l’antincendio (ora affidati a costosissimi privati), nonché servizi di consulenza continuativa sugli stessi settori, un Commercialista di Stato, il ritorno dell’Ufficio di Collocamento, un nuovo corpo di Polizia unicamente dedicato alla lotta alle mafie, un complesso di negozi di pubblica proprietà sparsi in tutto il territorio da affittarsi a canoni popolari, e cose così, insomma. Interventi a costo zero e senza licenziare nessun dipendente pubblico, basta trasformare gli enti già esistenti. Tutti servizi a pagamento ma alla portata di chiunque, che porterebbero nelle casse dello Stato diversi miliardi di euro all’anno».

 

Eh sì, e poi? Vuoi qualcos’altro?

«Sì, una bella ragazza che indossa una maglietta bianca e strettissima con la scritta “Gnocca di Stato” che venga a svegliarmi ogni mattina sussurrandomi dolcemente all’orecchio i dati finalmente crescenti del Prodotto Interno Lordo»

 

Sei sempre il solito. Va bene, Roberto, grazie per l’intervista, spero che tornerai a trovarci.

«Grazie a te. Ah, la prossima volta sono cinquanta euro».

Roberto D’Izzia

 

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22 Comments

    • C’è di peggio, altro che.
      Facciamo finta che, nonostante il tuo negozio vada bene, non riesci più a pagare le spese, tasse soprattutto, che fai? Provi a vendere l’attività, così monetizzi e magari ti butti in un’altra avventura, facendo tesoro delle esperienze fatte.
      Il mercato è quello che è, c’è crisi, quindi capisci che devi abbassare di molto la tua richiesta, anche della metà.
      Va bene, trovi miracolosamente un acquirente che, però, ti da pochino; pazienza, l’importante è chiudere quella vicenda, pensi, e invece… TATTAAAAAAA: Signore e Signori, ECCO A VOI LO STUDIO DI SETTORE!
      Lo Stato viene da te e ti dice: hey, hai venduto la tua attività ad un prezzo troppo basso, c’è qualcosa che non va, hai fatto nero? Sai cosa? Non ti faccio spulciare le carte dalla Finanza, ti mando direttamente una bella multa da pagare che secondo me copre la differenza fra quello che hai guadagnato tu dalla vendita e il valore che secondo me AVREBBE la tua attività.

      Riassumendo: hai finito i soldi perchè non riesci a pagare le tasse, vendi l’attività purtroppo ad un prezzo basso e perdendoci un sacco di soldi, e lo Stato cosa fa? Ti pa pagare migliaia e migliaia di euro (decine di migliaia, non bruscolini) perchè hai venduto a prezzo basso.

      Ah dimenticavo, se hai un negozio stagionale come il mio e SCONTRINI SEMPRE TUTTO come faccio io, restando chiuso per molti mesi l’anno hai comunque il terrore che lo studio di settore ti dica: “hey, come mai quest’anno hai guadagnato come se fossi aperto tre mesi?”
      “eh cazzo, sono stato aperto tre mesi!”
      “ah sì? Multa.”

  • ogni giovane imprenditore, così come tutti del resto, ha fin dal principio un debito di 30.000 euro… dove cazzo andiamo così?!!!

    • E gli interessi “legali” per i tuoi debiti sono da strozzinaggio.
      Voglio essere positivo, prima o poi cambierà, magari quando smetteremo TUTTI, dall’oggi al domani, di pagare tasse e lo faremo non di nascosto ma proprio con cartelli esposti al balcone:
      ora cazzo non ti pago finchè non mi togli dalla capoccia un debito che hai fatto tu prima ancora che io nascessi.

    • La rivoluzione potrebbe essere già in atto, ma so con certezza che i tempi sono QUASI maturi, non del tutto.
      Come faccio a saperlo?
      Conosco persone estremamente colte che, però, non sono neanche a conoscenza dei problemi di cui ho accennato.
      Conosco altre persone, diciamo più umili, che non hanno i mezzi per informarsi.
      Quindi?
      La rivoluzione arriverà solo con la conoscenza globale.
      Un dubbio amletico: conoscenza si scrive con o senza la “i” ?

  • schifo.
    complimenti invece a questo post!
    soprattutto trovo davvero interessanti le idee propositive lasciate dall’autore! 😉
    bel sito, davvero

  • una schifoso groviglio e meccanismi burocratici volti a fregare il cittadino…un’impalcatura che gira che ti riggira il cetriolo va a finire sempre lì

    • Ciao, è proprio un groviglio schifoso.
      Sai cosa mi inquieta di più? Una parte del groviglio è creato ed applicato in cattiva fede, ma una parte è responsabilità di persone incompetenti che legiferano su cose che neanche conoscono, e creano danni.
      L’unione fra legislatori in cattiva fede e legislatori incompetenti genera cetrioli di grosse dimensioni.

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