Aku e la mitologia dell’urbana condizione umana [Intervista]

Intervista a tutto tondo ad un musicista poliedrico e sensibile quanto le liriche al vetriolo delle sue strofe e l'intimità che lo contraddistingue

Il progetto nasce nel 2012, ma Aku è attivo fin dagli anni 90 con il nome di Rookie e membro di Homiez n’ Money. È stato il sassofonista de I Cappello A Cilindro e presente nelle opere di Ghemon, Kiave, Squarta, ATPC e molti altri. Nel corso degli anni ha rilasciato in maniera indipendente 4 EP, 1 Mixtape (che abbiamo recensito qui) e una lunga serie di singoli che lo vedono affiancato ad artisti della scena Rap e cantautorale italiana come Kenzie, El Domino, Moonloverz, Morbo, Valentina Polinori, Valentina Lupi, Lo Spinoso, Il Dono. La produzione artistica è firmata da Swan (Thaurus Music, Clementino, Enzo Dong) e Luca D’Angelo (Danti, Giulia Penna, Giuliano Palma).

Un’esperienza musicale e un curriculum lungo il tuo. Per prima cosa mi piacerebbe che tu ci dica: come si fa a passare dalle atmosfere bucoliche della tua esperienza nel cantautorato a quelle invece più urbane del Rap? O in effetti è stato il contrario, un ritorno alle origini?

Direi che è stato un ritorno alle origini. Ho cominciato a fare Rap nel 1996, quando questo genere era più che di nicchia: questa autoreferenzialità ha fatto in modo che in un primo momento mi allontanassi dal mondo dell’Hip Hop per fare spazio a esperienze musicali di più ampio raggio. Ritengo che il mio trascorso nella musica d’autore possa aver comunque dato una caratteristica originale anche al mio modo di scrivere il Rap.

Che tipo di rapper, o artista se preferiamo, ti definiresti?

Un rapper che viene dalla golden age dell’Hip Hop, quella degli anni ’90, ma che guarda con fiducia ed attenzione alle nuove caratteristiche musicali ed espressive di questo genere, in continua evoluzione.

Descrivici la tua musica e le tue canzoni.
E in che modo è fondamentale per il tuo mondo sonoro il beat o la cassa della batteria?

Ho avuto esperienze nel mondo cantautorale, ma anche e soprattutto in quello del Jazz, un genere in cui la pulsazione ritmica è di vitale importanza. Tutto parte dalla batteria e dai suoi accenti, e non è un caso che nella mia dimensione live io abbia scelto due dei più talentuosi batteristi della scena romana: Emanuele Della Cuna e Lorenzo Lupi. La mia musica è introspettiva, ma non astratta, tentando di raccontare in maniera concreta e cruda situazioni e stati d’animo.

I rapporti umani, o una certa mitologia di questi, sembrano essere i punti chiave dei tuoi testi. Quanto conta per te esorcizzarli nelle tue strofe?

È onestamente il motivo per cui faccio Rap. Il disco che uscirà nasce esclusivamente da questa esigenza: in generale mi galvanizza l’idea che da esperienze tormentate e in un certo senso negative possa nascere qualcosa di bello e artisticamente valido.

Che sensazioni ti arrivano dai nuovi personaggi del Rap e HipHop del momento; dalle miscele di Kendric Lamar, alle atipiche atmosfere di Frank Ocean, i fendenti di J. Cole, fino ad un fenomeno come Chace The Rapper?

Hai citato i migliori storyteller al mondo. Per me il Rap, è proprio questo: raccontare una storia coinvolgendo emotivamente l’ascoltatore, cosa che questi artisti fanno in modo superbo. Se rinascessi afroamericano, vorrei rinascere Kendrick.

Tra questi quattro, con chi vorresti collaborare: Salmo, Mezzosangue, Caparezza o ancora Ghemon?

Con Gianluca (Ghemon) abbiamo già collaborato in un disco che si chiama “E poi all’improvviso, impazzire”: siamo legati da un’amicizia che ha radici negli anni in cui lui era a Roma, e a fare Rap eravamo pochissimi. Per l’impatto e la capacità di introspezione, forse vedrei bene un featuring con Mezzosangue, che nelle sue rime sa dipingere immagini di eccezionale efficacia.

Dall’Indie a ciò che in questa sede ci riguarda, cioè al Rap, credi anche te che spesso tutto si riduce ad una specie di gara al più bravo e visualizzato?

È una tendenza ancora molto presente, ma che lentamente sta rivelando la sua natura poco realistica. Non è un caso che recentemente, per fortuna, ci sia un focus maggiore sull’attività live degli artisti, unica vera cartina al tornasole del successo di un progetto discografico.

Noi di Uki siamo convinti che oggi la Trap sia certamente uno strappo ostentato dai giovani. Una sorta di ribellione, una loro presa di distanza. Questo è salutare. I giovani sono vivi! Quello che più mi preoccupa semmai è la totale assenza di “contenuti”. Per carità, neanche per il punk o per certi anni ‘80 si pretendevano, però oggi siamo a livelli inquietanti. Questa generazione sembra essere un nervo scoperto, senza alcuna protezione offerta dalla cultura, dalla storia, dall’arte, dalla letteratura o dai valori universali fino a quelli più concreti…
Insomma, nei testi contemporanei non sembrano esserci proposte concrete che possano orientare i giovani verso una nuova visione del mondo.
Pensi che il Rap sia uno specchio fedele di tutto questo?

Il Rap è per definizione attuale, nel qui e ora. Anzi, ti dirò di più, il Rap spesso è già proiettato nel futuro, è quindi normale che la superficialità della nostra società sia fotografata dai rapper e dai trapper di oggi, a cui – con i giusti discrimini – dobbiamo dare ascolto: so che è difficile sentirsi dire e accettare che questo mondo sta andando a rotoli…

Parlaci di questo Singolo allegato all’Ep con Daje Matt.

Si chiama “Carnera”, e fa parte di un Ep che uscirà a breve che ho realizzato con Matteo. È un pezzo di ‘resistenza’, dove la metafora pugilistica viene utilizzata come paradigma di disciplina e capacità di rialzarsi. Un pezzo dal sapore boom bap, il cui videoclip è in uscita Lunedì 24 Giugno.

E per concludere, raccontaci del tuo nuovo Disco da solista. Quando uscirà, cosa ti ha ispirato e dunque cosa dobbiamo aspettarci.

È un lavoro ambizioso dal punto di vista musicale, in cui ho coinvolto 15 persone tra produttori, archi, fiati, pianisti e chitarristi. Sarà un disco molto introspettivo, in cui quasi mi psicanalizzo: il titolo sarà “Specchio”, emblematico del mood riflessivo di questo lavoro. L’uscita è prevista per i primi mesi del 2020.

Come è stato presentare i tuoi brani e anche qualche anteprima in uno spazio culturale come quello del LivingFonemArtFestival?

Un bellissimo concerto al tramonto in una cornice inedita ma funzionalissima per il Rap. Il connubio tra arti figurative e musica mi ha sempre affascinato: le opere di Cristiano Mancini in esposizione sono state una cornice azzeccatissima per i miei suoni.

Andrea Fatale

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