7Marzo: Intervista esclusiva per rinascere in un Lama

"Vorrei rinascere in un Lama" è il disco dell'alternative rock band della provincia di Monza, tra influenze punk rock e partiture orchestrali...

Nel disco d’esordio dei 7Marzo si trova tutto il loro mondo: le radici punk rock e la musica “colta”, i fumetti di Dylan Dog e i racconti di Buzzati, il tragico Fantozzi e gli Anime di Miyazaki.
Vorrei rinascere in un Lama” racconta la realtà di tutti i giorni, con uno sguardo ironico e trasognato e la consapevolezza che si può parlare di cose serie senza prendersi troppo sul serio.

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La prima domanda ci stava venendo spontanea: perché vi chiamate con il nome di una data? Cosa rappresenta per voi? Poi però abbiamo letto in giro che cercate spesso di “bypassare” questa risposta. Solitamente il moniker è parte del “messaggio” di una band, quindi, volevo capire se per voi è parte del messaggio lasciare un alone di mistero intorno alla vostra scelta, oppure, se proprio non vi ci trovate nel discorso che il nome deve essere già un biglietto da visita e quindi per questo preferite non dare spiegazioni sulla vostra scelta. Almeno questo potete rivelarcelo?

Il nome per noi è molto importante: quando (per ragioni che lasceremo ignote) lo abbiamo scelto ci è piaciuto moltissimo, perché le date portano in sé una carica evocativa e in qualche modo nostalgica fortissima. Mi sono sempre piaciute le canzoni che avevano come titolo una data: penso a “1979” degli Smashing Pumpkins, a “Summer of ’69” di Brian Adams, a “4 marzo 1943” di Dalla e via dicendo. Forse anche per questo rivelare il motivo della nostra scelta toglierebbe gran parte di questo fascino.

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Ad ogni modo la prima domanda era giusto per rompere il ghiaccio (e speriamo di non aver rotto anche altro!). Parliamo meglio della vostra musica. Prima di ascoltarvi ho letto il vostro genere: punk. Quando è partito il disco però non ho potuto fare a meno di notare che suonate in maniera molto più pulita di quanto non ci si aspetterebbe da un disco punk. In che modo, quindi, secondo voi i 7marzo sono punk e con cosa principalmente avete contaminato questo genere musicale per dar vita alla vostra personale ricetta?

Diciamo che noi “arriviamo” dal punk rock degli anni ’90 della Epitaph e della Fat Wreck, per intenderci. Ma i 7Marzo sono qualcosa di diverso, sia per i contenuti trattati, sia perché del punk manteniamo il “tiro” e l’immediatezza ma variamo molto come generi.

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I vostri video piacciono sempre molto e fanno sempre molte visualizzazioni. Qual è il vostro segreto?

Il segreto credo sia nel fatto che ci divertiamo moltissimo a scriverli e a girarli e che facciamo tutto in maniera indipendente. Io (Franz) lavoro in uno studio di post produzione video, per cui possiamo fare tutto in autonomia, con l’aiuto di amici professionisti, e trasferire completamente il nostro “spirito” anche nei videoclip.

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In questo periodo state promuovendo il singolo e il videoclip di cui il vostro disco porta il nome, ovvero “Vorrei rinascere in un lama”. Com’è nata questa canzone e cosa vi ha spinto poi a dare all’intero disco il suo nome?

So che pare una frikkettonata, ma la prima strofa della canzone è nata nel dormiveglia, probabilmente dopo una crasta peperonata. Mi son svegliato con in mente questo senso liberatorio dell’essere un lama e poter sputar sulla gente senza che nessuno potesse dirmi nulla. Dopo averla finita ci siamo decisi ad andare in studio a registrare tutto il disco per cui ci siamo molto affezionati.

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Nel videoclip legato a questo brano scherzate sulla moda da “poser” di molte band. Qual è il vostro punto di vista sull’importanza o meno di queste e delle tante altre consuetudini che spesso vengono prese per buone dagli artisti e riproposte senza metterle mai troppo in discussione?

È un tema che trattiamo nel disco sia in questo pezzo che, declinato nei vari settori, anche in “Grandissimi film americani” e “Dai passa questo pezzo”. I cliché possono essere una scorciatoia per essere immediatamente apprezzati dal pubblico, perché ci si ritrovano facilmente, solo che alla lunga non pagano. Noi siamo abbastanza paraculi da usare alcuni di questi cliché ma come paradosso e presa in giro.

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Tocchiamo ora un tasto dolente: musica e business. La musica è un lavoro ma spesso in Italia non si riesce a vivere con le sole forze della propria arte. Voi vivete di musica? E in ogni caso, perché oggi si tende a fare di questo mestiere sempre più spesso un hobby che una professione? Di chi sono e quali sono, secondo voi, le colpe di questa situazione?

C’è un concorso di colpa: le etichette non investono perché non ci guadagnano a meno che non diventi una superstar; le band si vergognano a farsi promozione quasi fosse una bestemmia e pensano che un giorno arriverà il megaproduttoregalattico a bussare alla porta del loro studio; i locali fanno fatica a tirare a fine mese e optano per soluzioni “sicure” come dj set e cover band. È durisssima, ma vale sempre la pena provarci.

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Qual è la canzone del vostro disco che considerate maggiormente rappresentativa della vostra musica e perché?

Devo sceglierne due: “Dai passa questo pezzo” coglie bene il genere e lo spirito ironico della band. “Samantha tornerà” per il lato più trasognato e romanticone.

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E invece qual è la canzone di altri che pensate possa essere a suo modo rappresentativa della musica dei 7marzo e perché?

“Secondo me” di Brunori, non per il genere, ma per il modo di raccontare le cose ci trova molto vicini.

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SIAE sì, SIAE no. Cosa ne pensate?

Pensiamo che la concorrenza con Soundreef le abbia dato finalmente una sveglia. Alleluja!

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Concludiamo dando ai nostri lettori i vostri contatti.

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Ciao!

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Aris Senese

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